Scritto nel 1968 da Richard Hooker, chirurgo americano che prestò servizio come ufficiale medico durante la guerra di Corea, con la collaborazione del giornalista W. C. Heinz, M.A.S.H. divenne un caso letterario, un best seller seminale sia per opere letterarie (Hooker partecipò alla scrittura soltanto dei primi due romanzi – sequel), sia cinematografiche e televisive.
Partendo da esperienze personali e da storie viste o sentite da altri commilitoni, Hooker racconta varie vicissitudini che si svolgono nel 4077° Mash, Medical Army Surgical Hospital, uno degli ospedali da campo dislocati dietro le prime linee durante la guerra in Corea. Il tono è irriverente e scanzonato, per quanto possibile, e antimilitarista (non si parla mai dell’andamento o delle ragioni del conflitto). Alle “gambe delle donne”, così viene chiamato il complesso delle tende, si ritrovano tre medici tanto bravi nel loro mestiere, quanto irriverenti verso i superiori. “I mostri della palude”, così si fanno chiamare, la fanno sempre franca, solo in virtù della propria abilità medica di “bassa macelleria”, che consiste nel rattoppare, aggiustare e sostanzialmente salvare vite, spesso al fine di trasportare i feriti in ospedali più attrezzati.
“Occhio di Falco” Pierce, il “Duca” Forrest e John “Trappolone” McIntyre sono sempre pronti non solo a bere e a fare i matti, ma si imbarcano in imprese folli e imprevedibili, come quando si vogliono liberare di un compagno di tenda ultra religioso, quando possono aiutare un amico (Cassiodoro, il carezzevole cavadenti, dentista del campo) che non ha più voglia di vivere inscenando un rito di suicidio che avrà un esito inatteso, quando hanno l’occasione di farsi una bella partita a golf prendendo per i fondelli un po’ di superiori o quando c’è un bambino da salvare e riescono a farlo adottare da qualcuno che se ne prenderà cura. Per non parlare dei sotterfugi per vincere un’impossibile partita di football contro degli avversari troppo forti. Attorno a loro una girandola di personaggi davvero memorabili. Scritto in modo abbastanza tradizionale, in uno stile asciutto quasi giornalistico senza fronzoli e lungaggini (ci sono alcuni passaggi in cui si parla di operazioni chirurgiche in modo un po’ tecnico, ma comprensibile, senza appesantire le vicende) è un libro divertente, che comunque offre spunti di riflessione, perché l’insensatezza della guerra e lo spettro della morte fanno spesso capolino.

Nel 1970 Robert Altman ne trasse un film che vinse il premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale e la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Nel cast Donald Sutherland (Occhio di Falco), Elliot Gould (Trappolone, “razzo” nella traduzione italiana), Tom Skerrit (il Duca, a proposito di Skerrit, prima o poi gli dedicherò un post come caso umano, ossia, una stella mancata: ha partecipato a molti film importanti sempre in ruoli minori e pochi si ricordano di lui… che, ad esempio è il capitano Dallas della Nostromo nel primo Alien, ma chi se la ricorda la sua faccia? Io sì, ma non divaghiamo) e Robert Duvall nella parte del maggiore Burns, l’ultra religioso di cui sopra. Il produttore chiese fino all’ultimo ad Altman di smorzare un po’ i toni di una sceneggiatura un po’ sboccata (e a tratti sessista, ma l’ambiente militare quello era), con scene abbastanza cruente in sala operatoria e altre dissacranti, tipo la parodia dell’ultima cena prima del “suicidio” di Cassiodoro, ma il regista non cedette di un passo e la pellicola riscosse anche un grande successo commerciale. Era in corso la guerra in Vietnam in quegli anni, il film è ambientato in Corea, ma i riferimenti alla situazione dell’epoca si possono facilmente cogliere. Una satira che in qualche modo sbeffeggia l’amministrazione Nixon, pochi anni prima del caso Watergate. Dopo questo film e dato il suo successo, Altman poté dedicarsi esclusivamente a progetti a lui graditi. Attualmente il film è nel catalogo di NOW Tv (fino a marzo, mi pare).
Poi venne la serie tv. Andò in onda dal 1972 al 1983, undici stagioni, 256 episodi. Da questa serie emerse Alan Alda, nel ruolo di Occhio di Falco, che diventò prevalente rispetto al coprotagonista Wayne Rogers, che interpretava Trappolone. Infatti poi, per dissapori di vario tipo, Rogers mollò la serie e vennero introdotti altri personaggi a contorno. Dati i temi trattati fu una di quelle serie televisive invise all’amministrazione Reagan (un’altra fu quella dedicata al giornalista Lou Grant, interpretato da Ed Asner), che in qualche modo pare riuscì a farla chiudere. Sia nel film che nella serie tv il personaggio di Walter Eugene “Radar” O’Reilly, l’esperto delle telecomunicazioni, è interpretato dallo stesso attore, l’occhialuto Gary Burghoff.
Ci furono anche altri spin-off, alcuni col tono smaccatamente da sit com. Il più riuscito e che ebbe maggior successo fu il telefilm Trapper John MD, serie che riprendeva il personaggio di Trappolone McIntyre e ne narrava la vita dopo l’esperienza in Corea. Trapper, interpretato da Pernell Roberts, torna a San Francisco ed esercita come capo chirurgo al Memorial Hospital. Al suo fianco, Alonzo “Gonzo” Gates, interpretato da Gregory Harrison, chirurgo un po’ hippy (vive in un camper parcheggiato fuori dall’ospedale), il quale è stato medico durante il conflitto in Vietnam. Le dinamiche tra i due chirurghi veterani di due guerre diverse, ma molto simili fanno spesso da motore alla vicenda. Non manca ovviamente il direttore dell’ospedale da dileggiare alla bisogna. Ricordo questa serie perché andava in onda nei primi anni 80 su Rai due in quella fascia preserale, che non si chiamava ancora così, era solo “prima del telegiornale delle 20”. La musica della sigla potrebbe accendere qualche ricordo, io la vedevo da piccolo, ma l’aggancio con M.A.S.H. l’ho fatto molto dopo.