Non è La Casa di Carta, El Robo del Siglo!

A me La casa di carta non è piaciuta per niente e non mi dilungherò a spiegarne il perché, si tratta, dal mio punto di vista, di una telenovela con le pistole giocattolo e situazioni totalmente inverosimili e incoerenti (perché il fantastico e l’inverosimile lo si può accettare, ma l’incoerenza è un errore di scrittura e c’è poco da aggiungere). Sta di fatto che quella fiction potrebbe essersi ispirata a fatti realmente accaduti in Colombia, nel 1994.

El Robo del Siglo (La rapina del secolo) è una miniserie presente su Netflix dallo scorso agosto, che racconta, in modo un po’ più realistico rispetto alla … cosa spagnola… quello che accadde in Colombia, tra il 16 e il 17 ottobre del 1994, presso la Banca della Repubblica di Valledupar. Ovviamente qualche concessione al romanzesco la concede, ma il fatto che si attenga abbastanza fedelmente ai fatti è dimostrato anche da tutti i disclaimer che passano durante i titoli di coda. Parte dell’ispirazione trarrebbe anche fonte da un libro del 2008, Questo è il modo in cui ho derubato la banca: l’assalto del XX secolo in Colombia del giornalista Alfredo Serrano Zabala,

Si parte con un colpo fallito, uno dei rapinatori viene gravemente ferito e l’altro, ideatore con lui del lavoro, si salva per il rotto della cuffia. Chayo, questo il soprannome di battaglia di quest’ultimo, cerca in seguito di rifarsi una vita diventando un gioielliere tutt’altro che affidabile. Quando si rende conto che i suoi trucchetti non funzionano più (farsi derubare per fregare l’assicurazione), anche perché la Colombia viene dipinta subito come un posto dove la corruzione è diffusa in ogni strato della società (l’Italia sembra un posto di santarellini a confronto), decide che è giunto il momento di puntare in alto. Un nuovo colpo, un colpo come non ce ne sono mai stati. I problemi però sono molti: ricostituire la banda, in primis. L’avvocato Molina, quello ferito nell’impresa precedente, è finito in dialisi in attesa di trapianto di rene e non è ben disposto nei confronti dell’amico, che secondo lui lo ha abbandonato senza pietà al suo destino. Poi servirebbero gli esperti: un fabbro, un tecnico di sistemi di sicurezza, un autista e una talpa dall’interno dell’istituto bancario. La strada si dimostra subito in salita, anche perché Donna K, l’affarista che dovrebbe finanziare il tutto, vanta nei confronti di Chayo un bel po’ di crediti. Poi ci sarebbe da oliare chi fornisce le informazioni e anche le stesse forze di polizia a guardia della banca. E come se non bastasse, bisogna prendere accordi con qualcuno del cartello della droga, per far ripulire il malloppo nel giro del mercato nero.

La miniserie, suddivisa in 6 episodi, è ben scritta e strutturata (non è doppiata, ma si segue agevolmente con i sottotitoli). Ogni personaggio ha una credibile una storia alle spalle, una personalità, problemi e difetti che rendono il tutto verosimile e allo stesso tempo godibile (avanzo qualche dubbio solo sulla famiglia di Chayo, sua moglie non sospetta nulla fino alla fine, mentre è più realistica la figura della moglie di Molina, “socia” dell’avvocato in tutte le sue vicissitudini).

Con il mantra “Siamo ladri onesti, non criminali”, Chayo guida i suoi in un’impresa impensabile, che, nella storia, venne annoverata come la rapina in cui venne rubato il maggior numero di banconote, oltre 24 milioni di pesos (corrispondenti a 41 miliardi di dollari).

Ma ovviamente non vi ho detto tutto. Buona visione, per gli amanti del genere heist in salsa sud americana.

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