Resident Alien, fantascienza, ma non solo

Resident Alien, visibile in Italia su Tim Vision, è una serie che parte da un plot sci-fi abbastanza classico, ma che si sviluppa in modo interessante.

Tratta dal fumetto di Peter Hogan e Steve Parkhouse, Resident Alien è una serie fantascientifica che parte da una trama che potrebbe sembrare “già vista”, ma che riesce a risultare interessante grazie a una serie di elementi dosati in modo intelligente e interessante. Il plot, in breve. Un alieno partito per distruggere la razza umana ha un incidente, precipita sulla terra ed è costretto ad assumere sembianze umane per portare a compimento il suo scopo: recuperare l’astronave e l’elemento di distruzione, finito sotto un ghiacciaio.

Fin qui sembrerebbe tutto già visto, ma ecco che la sceneggiatura assume aspetti intriganti che portano a sviluppi imprevedibili. Innanzi tutto l’alieno non sa nulla di come si comportano gli umani. Impara la lingua facendo un binge watching di “Law & Order” (e gli capiterà di ripetere il suono che c’è a inizio di ogni puntata come se fosse un intercalare noto a tutti), ma questo assolutamente non basta, perché il problema non è solo la lingua, ma se ne accorgerà troppo tardi.

Il corpo di cui ha preso le sembianze è quello di un medico che vive isolato in una baita, ideale per un alieno che vuole stare solo a fare le sue ricerche. Il caso vuole però che il medico del paese più vicino venga ucciso e l’alieno-dottore sia chiamato a prendere il suo posto. L’elemento fantascientifico e giallo si sporca inevitabilmente di humor (spesso nero), date le difficoltà dell’alieno a integrarsi e anche da un fattore ulteriore. Esiste un’esigua percentuale di umani che possiede un particolare cromosoma che permette di vedere il vero aspetto dell’alieno sotto il suo camuffamento. Uno di questi umani abita nel paesello ed è un bambino. Le scenette tra bambino e alieno sono davvero spassose.

Alla riuscita mescolanza dei generi aggiungerei un’ottimo studio dei personaggi (non so se nel fumetto sia tutto così ben riuscito, me lo vorrei recuperare nel frattempo), dai principali fino a quelli in secondo piano. Nella parte del protagonista, il medico Harry (l’alieno ha un nome abbastanza impronunciabile), il bravissimo Alan Tudyk, uomo dalla faccia normalissima, ma che assume delle espressioni davvero comiche quando è chiaro che non capisce come debba comportarsi (in Funeral Party era Simon, l’uomo che faceva follie sotto anfetamina e in Doom Patrol interpreta Mr. Nobody, uno dei cattivi più assurdi di sempre). Poi abbiamo due amiche dalle storie (anche sentimentali) complicate: Sara Tomko è Asta, assistente del medico ucciso e madre segreta, mentre Alice Weetelund è D’arcy, disinibita proprietaria del bar della città ed ex campionessa di sci (infortunatasi alle olimpiadi di Torino 2006).

Completano il quadro uno sceriffo smargiasso e un po’ tonto (in grado di condurre, da solo, un interrogatorio bipolare in cui fa la parte sia del poliziotto buono che di quello cattivo, Corey Reynolds, già poliziotto in The Closer) coadiuvato da una vice dimessa, ma che sembra l’unica a svolgere indagini sensate; la famiglia del sindaco del paese (padre di Judah, il bimbo che vede l’alieno nel suo vero aspetto) e una serie di spietati man in black, ma non chiamateli così, sulle tracce dell’oggetto volante non identificato, capitanati da Linda Hamilton (la Sara Connor di Terminator). Non mancano riferimenti ad altre specie extraterrestri: una visita a un convegno di gente che crede alle invasioni aliene ci fa capire che la storia potrebbe prestarsi ad altri intrecci, anche sul piano spaziale.

Ogni episodio si conclude con un colpo di scena o un cliffhanger azzeccato per tenere alta la tensione e l’interesse, espediente di sicuro non nuovo, ma che bisogna saper usare e qui mi pare sia utilizzato al meglio.

La serie è attualmente in produzione, ci sono due stagioni, ma su Tim Vision è visibile solo la prima.

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